martedì 25 marzo 2008

della placca del coco e dei danni che combina



pianeta terra. quella cosa che vista da molto molto lontano è una palla azzurra su sfondo nero stellato. ecco. la sua crosta, la crosta terrestre, è suddivisa (e chi non lo sa!) in varie placche che sono, diciamo, come delle zattere. e come delle zattere lentamente si muovono. ma sono attaccate l'una all'altra. e allora questi lenti movimenti (che a grande scala spaziale e temporale portano alla deriva dei continenti con vistose modificazioni della forma delle terre emerse...uno dei motivi per cui la sicilia si allontana costantemente dall'italia... e forse il ponte non è una gran pensata) portano fenomeni importanti come terremoti, formazioni di vulcani ecc.
bene.
zoom. centro america. la state guardando? in quest'area c'è una linea di contatto tra due "zattere": la placca caraibica (a est...atlantico) e quella del coco (a ovest...pacifico...e si, lo so...ma non lo chiedete a me come fa a entrarci coco pure in questo). la placca del coco si insinua sotto la placca caraibica subito a ovest del centramerica e questo fatto fa parecchio casino. in particolare porta ad una grande attività vulcanica in tutta la zona, tant'è che costarica e nicaragua sono attraversate per tutta la loro lunghezza da una bella fila di vulcanazzi.
ed eccoci qua. lo scopo principale ddi questa corciera (e anche della precedente che si è svola dall'altro lato...in atlantico) è capire un pò meglio la dinamica dei casini che il coco combina. quindi ecco che si fa: si smollano sul fondo del mare degli obs (ocean bottom seismometers) e ci si passa sopra facendo i gran botti (che in questo momento, con poco più di 50 metri di fondo sotto di noi, sono dei discreti calci nel sedere...ogni botto trema tutto!!). dopodicchè si recuperano gli affari e si scaricano i dati. per essere più precisi, durante questa campagna di ricerca, di sismometri ce ne sono pure a terra e anche loro registrano di conseguenza ai botti che facciamo. quindi, la columbia university ci mette la nave che sarebbe la "source" (ma é anche "reciver" perchè che fa non ce li trascniamo dietro sette chiloetri di idrofono per registrare gli echi dei botti e tracciare un profilo della crosta?) e sulla nave ci sta un nutrito gruppo della università del wyoming (che, diciamo, è titolare della ricerca) e qualcuno del woods hole (e non ho capito bene se ci sta pure qualcun'altro...). nel frattempo c'è in giro anche una nave dello scripps (che come il woods hole è uno dei templi sacrissimi delo studio del "mare" e come il woods hole non si trova affatto in italia) che si preoccupa di smollare gli obs e di recuperarli.
e dunque eccomi qua, su un langseth affolatissimo di prufussuri e di studenti (saremo una cinquantina a bordo), alle ore tre meno dieci della notte, nel main lab, con le cuffie in testa ad ascoltare che non si sa mai passa un delfino e a scribbacchiare queste quattro righe.
e adesso vi presento gli airgun. eccoli nella fotina a destra. siamo a poppa del ponte quello da dove si sale a bordo, praticamente alla fine della nave, con la faccia verso prua. i pistoloni neri in cima sono dei lunghi galleggianti ai quali sono attaccati con delle catene gli airgun ( i cilindrotti di metallo in basso) per un totale di 4 linee. i pistoloni sono sospesi a dei binari, sui quali scorrono verso poppa dove ci sta una scivola e da lì vengono sbattuti in acqua. ed eccoli nell'altra immaginetta mentre ce li trasciniamo dietro.
in questo momento il ponte è sgombro, i cannoni sono in acqua, un paio di gunners si aggirano qua e la perchè sulle navi non ci si ferma mai che c'è sempre qualcosa da fare e da sistemare.
e io sono nel main lab della nave, un piano sotto il ponte con gli airguns (il gun deck), con intorno un paio di studenti (ho detto studenti e non studentesse...quelle a quest'ora dormono...o almeno così fanno intendere...), dave, che faceva parte del gruppetto nell'albergo dove ho dormito la prima notte e che qui a bordo fà...che fà??, un tipo della wyoming university (basso basso, magrolino, con gli occhiali e con una vocina che più di una volta mi sono girato di botto e mi sono chiesto " e questa femmina chi è???") e...ta daaa, con l'orso newyorchese che qualcuno di voi, sono sicuro, si ricorda dalla mia precedente crociera. lui ci ha i tatuaggi, lui ci ha l'orecchino, lui rutta allegramente. e allora sono più tranquillo perchè, se mai preso dal sonno dovessi rischiare di scordarmi dove sono, mi da la certezza di trovarmi dove mi trovo: research vessel marcus lagseth, il traghetto dei pirati.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma placca nel senso di placca e tartaro?
Tipo anticollutorio e filo interdentale?
Volendo anche risciacquo e gargarismo, no?
Ma anche placca dopo diedro e strapiombo...

Mi viene in mente pure una cosa chiamata "le placche grigie", che stanno sulla Walker, nord delle Grandes Jorasses, et altre cosette così...

Bah!...
gianfranco

Anonimo ha detto...

Ma poi traghetto dei pirati... pirati pirati... ma unni i 'bbiati, tutti sti pirati? Gli airgun non bastano? V'atammettiri macari a'bbiari pirati?

Minghiuni tecnologia...

gianfranco

Anonimo ha detto...

Caro Giovanni, seguirti sul forum è interessante, anche perchè, se il "Gianfranco" che scrive è quel simpatico siculo che ho conosciuto, allora mi divertirò a cercar di tradurre ciò che scrive...Bellissimo!!!
un bacione

Mara

Anonimo ha detto...

...adoro insinuarmi sotto la placca caraibica!
occhio ai botti!
coco